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Chiesa di Santa Maria Assunta

Servo

L'Arcipretale fu fondata in periodo altomedievale ed è documentata a partire dal 1085. Viene menzionata anche in una bolla di Papa Lucio III del 1184 inviata al vescovo di Feltre Drudo da Camino. Inizialmente intitolata a Santa Maria Maggiore, nel XIX Secolo assunse l’attuale denominazione. È la Chiesa Madre (Pieve) delle comunità di Aune, Faller, Sorriva e Zorzoi.
Secondo alcuni studiosi, in origine era triabsidata (oggi sopravvive solo, utilizzata come battistero, l’absidiola di sinistra) e rivolta ad oriente, ma con i lavori di ampliamento cinquecenteschi assunse la forma attuale, come evidenzia la dettagliata descrizione del Vescovo Rovellio (1585). Intorno al 1514 l’intera navata venne affrescata inserendo le varie scene religiose in un aereo loggiato, di gusto ancora quattrocentesco, aperto su paesaggi montani. L’altare maggiore risale al 1681, mentre la sistemazione oggi visibile risale alla fine del Settecento, epoca in cui l’Arciprete Don Vito Marsiai trasformò ed ingrandì la vecchia chiesa gotica, ribassando anche il soffitto interno. La chiesa venne quindi riconsacrata dal Vescovo Carenzoni nel 1804.
L’edificio sacro è situato sopra una piccola collina leggermente discosta dal centro del paese. In origine era circondato dal cimitero che in epoca napoleonica venne trasferito presso la chiesa di San Rocco. L’ingresso principale volge a nord-est e si raggiunge percorrendo una breve ma ripida scali-nata. Ha una facciata semplice con rosone centrale, riportato alla luce nel corso dei restauri del 1968, ed un bel portale romanico. L’interno è ad aula unica con abside a pianta rettangolare coperta a crociera.
Gli altari (cinque) sono in muratura con dossali di legno intagliato e dipinto, e sono dedicati al S. Cuore, a S. Antonio da Padova, alla Madonna del Rosario, e ai Santi Antonio Abate, Gottardo e Va-lentino: su quest’ultimo è collocato un gruppo ligneo dell’Addolorata (Vesperbild) di stampo gotico. Il fonte battesimale, monolitico, risale al XVIII secolo.
Il campanile, aggiunto successivamente alla chiesa (XV Sec.) in stile romanico-gotico, è alto 36 metri, ed ha una bella cuspide ricoperta a scandole. L’ultimo restauro ha messo in luce una iscrizione risalente al 1640, probabilmente anno di rifacimento della copertura.
La chiesa è tra le più interessanti del Feltrino, come testimoniano i vari cicli sovrapposti di affreschi (XIV-XVI Secc.) portati alla luce durante i restauri del 1968.
Le due “croci di consacrazione” contrapposte nella navata, sono le tracce più antiche, ed indicano i luoghi per l'officiatura di particolari riti.Sulla parete ovest troviamo tre diversi strati di affreschi: quello successivo in ordine di tempo rispetto alle croci è costituito da un’arcata con riquadro centra-le contenente le immagini appena riconoscibili della Madonna e di una Santa non identificabile e presumibilmente un’altra figura in posizione speculare ad essa.
A seguire, alla sinistra di questo, vi è l’affresco databile al Trecento, anch'esso molto danneggiato, raffigurante quasi certamente il Cristo seduto su un trono modellato sulla facciata del duomo di Padova e dei santi ai lati: un Vescovo con tiara, pastorale e libro (è probabilmente S. Gottardo) e un francescano dalla tipica tonsura.
L’affresco meglio conservato si trova sulla parete nord presso l’ingresso e rappresenta una Ultima Cena con la caratteristica presenza di gamberi, tipica di una serie di raffigurazioni ascrivibili dalla seconda metà del 400 a tutto il secolo successivo. Lo stesso artista decorò anche la nicchia del battistero dipingendo San Giorgio, San Vittore e San Giovanni Battista, e riempiendo il piccolo spicchio verso la cantoria con una Crocifissione.
L’autore di tutto questo (1460 circa) è Giovanni di Francia, figlio di un barbiere di Metz trasferitosi nel Veneto attorno al 1430, che abitò a Feltre per un certo periodo, per spostarsi poi nella zona di Conegliano lavorando principalmente tra queste due aree: opere sue sono i dodici apostoli nell'abside della chiesetta di S. Giustina di Pedesalto, gli affreschi nella Chiesa di Porcen e quelli ora perduti della chiesa di Rasai di Seren del Grappa.
Sempre nella nicchia battesimale si può notare un altro affresco trecentesco, raffigurante una Annunciazione, dove la Madonna ha dei particolare tratti orientaleggianti, oltre ad una colomba, un leggio con il libro aperto, e di fronte una Santa Caterina molto frammentata. Ne è ignoto l’autore.
Sull'arcone dell’altare maggiore sono dipinti i Dodici Profeti (XVI Sec.).
Ai lati dell’altare maggiore spiccano due affreschi contemporanei, a sinistra l’Orazione nell'orto di Getsemani e a destra la Predicazione di San Giovanni Battista, risalenti agli anni 1514-1519.
Su queste opere manca la firma, ma l’attribuzione è ormai certa su Giovanni da Mel, figlio di un noto pittore dell’epoca, Antonio Rosso da Cadore, e fratello di un altro artista anche lui presente in questa chiesa, Marco da Mel.
L’esecuzione è di buona qualità, ricca di particolari e personaggi, ma non è un lavoro del tutto originale dato che si conosce l’incisione dalla quale è stata tratta, realizzata da Bartolomeo e Benedetto Montagna, padre e figlio, che già in quegli anni si erano specializzati nella riproduzione di opere di artisti famosi.
Marco da Mel (1494-1583) dipinge invece il Battesimo di Cristo, tavola che si vede entrando sulla sinistra, e sulla quale fino a qualche tempo fa si leggeva la data 1534 e la firma. Anche questa opera è estrapolata da una incisione di Girolamo Moretto che replica il Battesimo di Cristo di Giovanni Bellini conservato a Vicenza.
Vi sono rappresentate due figure centrali, il Cristo e il Battista, a sinistra un gruppo di tre angeli che sostiene un lenzuolo, dietro si scorge un paesaggio montuoso, variato qua e la da castelli e case, mentre le strade sono animate da vivaci figure di cavalieri.
Sempre sulla parete sinistra si vede l’affresco di San Antonio Abate, con una iscrizione che riporta l’anno 1514, mentre la firma dell’autore e il nome del committente non sono leggibili.
Viene comunemente attribuito al bellunese Giovanni da Mel (circa 1480-1549), fratello di Marco. Nel dipinto appare la grande figura del santo dalla fluente barba bianca, con il bastone, un piccolo maiale ai suoi piedi e nella mano sinistra il fuoco, il tutto inserito in un loggiato, le cui colonnine sono riccamente decorate a grottesche, aperto su uno sfondo di montagne, corsi d’acqua, edifici e persone. Nella lunetta superiore, parzialmente distrutto dall'opera di sopraelevazione della chiesa, è proposto il tema del Cristo "passo".
Da ricordare infine due opere del padovano Francesco Frigimelica (1560-1646): la pala dell’altare della Madonna raffigura S. Gottardo, S. Antonio Abate e S. Valentino, mentre sulle pareti dell’aula viene conservata un’altra tela proveniente dalla chiesetta di San Rocco, rappresentante appunto i Santi Rocco e Sebastiano ai lati della Madonna.
Anche la piccola sagrestia merita di essere ricordata per la preziosa raccolta di arredi e vasi sacri (XVI-XX Sec.) custoditi in originali armadi e cassettoni, dove si trova la notevole dotazione di paramenti sacri che non può che confermare il prestigio che la Pieve di Servo ebbe almeno fino alla fine del Settecento.