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Chiesa di S. Giorgio Martire

Sorriva

San Giorgio è uno degli edifici sovramontini di maggiore interesse, sia per la millenaria storia sia per la ricchezza degli apparati decorativi.
I recenti scavi archeologici (2001-2003) hanno individuato sul sito dell’attuale chiesa le fondazioni di un’abitazione fortificata del V-VI secolo d.C. Nei due secoli successivi venne sostituita con una piccola cappella dall'abside semicircolare rivolta ad oriente. Di questa costruzione rimane un lacerto murario inglobato nella parete nord dell’aula. La dedicazione al santo guerriero Giorgio risale all'epoca longobarda. Intorno al Mille venne ampliata la navata ed eretta un’abside semicircolare più ampia dalle pareti dipinte. In quest’epoca si affermò la dipendenza dalla Pieve di Servo. Entro il 1296 venne realizzata l’attuale abside quadrangolare illuminata da due monofore gotiche, una delle quali recentemente riportata alla luce. Tra XIV e XV secolo fu affrescata la navata. Nel 1514 Andrea Nasocchio (fine ‘400-1569) realizzò il pregevole ciclo decorativo del presbiterio, mentre nella prima metà del Cinquecento Marco Da Mel (1494-1583) venne incaricato di ridipingere la navata ricoprendo gli affreschi trecenteschi. Il Vescovo Jacopo Rovellio, che visitò la chiesa per tre volte in occasione delle sue visite pastorali (1 luglio 1585, 15 agosto 1593 e 14 luglio 1600) fece restaura-re la chiesa ed erigere la torre campanaria, lavori che si conclusero nel 1597 con la copertura a travi a vista. Nella prima ricognizione egli dà una preziosa descrizione della chiesa: l’edificio è consacra-to, ha un altare rivolto ad est, le sue pareti sono in parte intonacate ed in parte affrescate e non è dotato di occhio sulla facciata. Possiede due finestre una a sinistra del portale e l’altra sulla parete sud entrambe munite di vetri ed inferriate. Sul lato meridionale vi è un portico coperto di assi e pelli. Il pavimento interno è in legno, l’acquasantiera si trova presso la porta laterale a nord e una porta sul fronte principale. La chiesa è circondata dal cimitero con ingressi parzialmente protetti.
Nelle visite successive dà disposizione di chiudere la finestra a est e di aprirne una a sud, di bruciare alcune vecchie immagini, di alzare la chiesa ed il campanile, di mettere le inferriate agli accessi al cimitero, di realizzare l’occhio in facciata. Testimonianza di questi interventi è la data del 1594 rin-venuta sul setto murario tra l’abside e la navata.
Allo stesso periodo risale la piccola sagrestia. Del 1600 è l’altare ligneo dorato che conteneva la pala di Marco Da Mel (1538), con il sottostante paliotto in cuoio decorato che ricorda l’epidemia di Peste del 1631 quale segno del Voto emesso dalla comunità. Oggi l’altare è stato ricostruito in sagrestia con una pala seicentesca di anonimo, raffigurante la Vergine col Bambino tra i Santi Vittore e Corona e San Giorgio che uccide il drago. Nel Settecento venne aperta sulla parete nord la cappella poligonale dedicata alla Vergine del Carmelo. L’altare in marmi policromi risale al 1748, mentre le statue in pietra tenera di Vicenza sono del 1777. Nello stesso secolo fu realizzato nella navata un controsoffitto, poi crollato nel 1930. Durante i lavori di restauro del 1933 fu eliminata l’originaria pavimentazione cinquecentesca e le lastre ricavate furono utilizzate per la scalinata e-sterna.
Si giunge alla chiesa dopo aver risalito il piccolo colle che si trova quasi al centro della piana: una larga scalinata porta all'ingresso principale occidentale, mentre una rampa più ripida e stretta risale dal lato del cimitero nuovo verso la porta laterale meridionale.
Il portale maggiore dalle pregevoli mensole riporta l’anno 1506, mentre sull'architrave si legge la data 1738, epoca di ristrutturazione dell’edificio. Sopra vi è una lunetta affrescata raffigurante una Madonna con Bambino e due angeli ascrivibili al XVII Sec. La scena è tagliata superiormente da una finestra di tipo termale, ricavata nel Settecento. Ai lati del portale si trovano due aperture dotate di inferriata, su una delle quali è scolpito l’anno 1662, anno di realizzazione.
L’interno si presenta ad aula unica con abside rettangolare; a nord si inseriscono la sacrestia e la cappella della Vergine.
Gli affreschi più antichi della chiesa di San Giorgio risalgono al Trecento e sono riaffiorati sulle pareti laterali durante i restauri del 1956 che hanno causato la perdita di gran parte del ciclo cinquecentesco. A nord sono raffigurati San Giorgio che uccide il drago e una Madonna in Trono con Bambino, a sud l’Adorazione dei Magi e San Giorgio a cavallo ed un Santo Vescovo.
Numerose sono state in passato le attribuzioni di questi dipinti, che oggi vengono comunemente ri-feriti al Compagno di Tommaso, un frescante seguace e probabilmente collaboratore di Tommaso da Modena (1325-1379), all'epoca attivo nel Santuario dei Santi Vittore e Corona. Altri distinguono due diversi mani: alla parete nord un semplice imitatore del modenese che ha lavorato sull'altopiano e a sud un artista con influenze alto atesine successivo a Tommaso.
Sulla parete settentrionale, dove si trovava una delle aperture più antiche che dava sull'attiguo cimitero, nel corso del Settecento è stata aperta la cappella della Vergine del Carmelo. Tre piccole finestre illuminano l’altare in marmi policromi su cui sono incise alcune iscrizioni che riportano l’anno di erezione, il 1748, e i committenti. Al centro vi è la statua della Madonna del 1925 che sostituisce una precedente. È circondato da un apparato che comprende due statue in pietra raffiguranti S. Giovanni Nepomuceno e S. Filippo Apostolo e quattro angioletti dipinti di bianco. Sulle pareti laterali degli ovali in stucco contenevano delle tele rubate nel 1978.
Gli affreschi del presbiterio appartengono ad un unico progetto decorativo, e comprendono la volta a crociera, la parete settentrionale, dove si trova l’accesso alla sagrestia, e quella orientale poi occupata nel Seicento dall'altare ligneo. Verso sud fu successivamente aperta una grande finestra che ha comportato la perdita della scena esistente.
Sulla volta sono dipinti busti di Profeti (tondi) e Padri della Chiesa (ovali) che hanno in mano cartigli didascalici e si stagliano su un fondo giallo oro in cui si alternano elaborate grottesche e figure fitomorfe che si incontrano al centro nel monogramma di Cristo. Sull'arcone trionfale è dipinta una teoria di Santi.
Sulla parete a nord vi è raffigurato un San Giorgio che uccide il drago davanti alla Principessa di Trebisonda, a sud un San Vittore a cavallo (in un’iconografia inedita) e ad est il S. Antonio Abate.
Una fascia inferiore affrescata con un velario di finta tappezzeria di colore rosso impreziosita da decorazioni a voluta dorate corre su tutte le pareti del presbiterio fino all'apertura dell’arco trionfale. La famiglia bassanese del Nasocchio si insediò a Feltre agli inizi del Cinquecento. Andrea, in parti-colare, fu attivo in zona fino alla metà del secolo circa: sue opere si possono trovare anche nella chiesa di San Zenone a Zorzoi (pala dell’altare maggiore), mentre alcuni lavori a Feltre risalgono al 1524. Nel presbiterio di San Giorgio appaiono chiaramente la sua firma e la data di realizzazione: 31 Ottobre 1514.
Il ciclo di affreschi successivo fu realizzato all'incirca nel 1540-50 e interessò la navata, ma come accennato in precedenza è andato in parte perduto durante i restauri del 1956. Rimangono visibili a nord un S. Sebastiano, una scena con cavalli e personaggi in abiti dell’epoca, inseriti in riquadri che poggiano su una finta tappezzeria a fasce bicolori. Questo apparato decorativo è ascritto a Marco da Mel, figlio di Antonio Rosso da Cadore, a suo fratello Giovanni da Mel (1480-1549), che opera anche nella Pieve di Servo, e alla loro scuola. Caratteristica determinante per l’attribuzione è la finta tappezzeria bicolore alla base delle scene. Di Marco da Mel è anche la pala d’altare che oggi si trova nella parrocchiale.
I recenti restauri (2000-2005) hanno consentito, eliminando le superfetazioni più recenti e restituendo luce agli antichi affreschi, di ritrovare un’importante porzione di storia civile e religiosa di questa comunità alpestre.